Visto che le Mostre Interculturali Saveriane divengono ottime occasioni di Animazione Missionaria, volevamo condividerne (per comprenderlo) il VALORE, informandovi circa il numero dei visitatori coi quali siamo entrati in contatto in questo anno pastorale *(da settembre 2018ad oggi):
Parma: 850 visitatori
Salerno: 1450 visitatori
Desio (parte prima): 1020 visitatori.
Siamo a 3320 volti incontrati, un numero significativo che continuerà ad essere aggiornato nelle prossime settimane.
Riportiamo il pensiero che Mario Foresta, collaboratore fedelissimo della Mostra Interculturale, ha dedicato al gruppo di lavoro, al termine di questa esperienza espositiva
Carissimo
Luciano,
ho
visto le foto del vostro lavoro di “smantellamento” della mostra di
quest’anno ed ho provato tanta emozione nel veder riporre le tante natività che
hanno dato colore a questo Natale vissuto, qualche ora, insieme a voi.
Le
foto mi hanno fatto vedere ancora una volta la sala nella quale ho vissuto,
insieme a te, a Rosina, ad Antonio, una delle più belle giornate della mostra.
Mi
riferisco a quella mattinata durante la quale sono venute a visitarci le
scolaresche del Convitto.
Negli
occhi miei e quelli di Rosina si notava l’emozione di ricevere gli alunni che
ci ricordavano le centinaia di alunni che nei nostri splendidi anni di scuola
ci hanno reso la vita meravigliosa, e poi il tuo sguardo che trasmetteva la
felicità per chi per un attimo è tornato nel suo mondo; ed ancor di più mi ha
colpito lo sguardo attento e perplesso di Antonio che è stato testimone di una
giornata a dir poco eccezionale.
Termina
il periodo di un’altra mostra, sicuramente la più difficile e per la
“location” e per il tema.
Siete
stati bravissimi nella scelta …
Mai
come oggi la mangiatoia, il Bambin Gesù, le semplici statue sono un monito ed
allo stesso tempo la certezza: il monito perché ci invita a pensare con più
responsabilità al messaggio divino e la certezza che dalla nascita di Gesù
tutto si realizza per il bene degli uomini di buona volontà.
Quelle
capanne costruite con i materiali più svariati ci hanno portato in tutto il
mondo e quelle opere d’arte ci hanno ricordato che Gesù è nato per tutti ed è
nato dappertutto.
Chi
più di voi, sulle orme di San Francesco Saverio, sa cosa significhi
l’universalità del messaggio evangelico che nasce nella povertà per poi
illuminare tutto il mondo.
Quelle
statuine mi hanno accompagnato in tutto il periodo natalizio e mi
accompagneranno sempre e mi ricorderanno di essere fortunato per avere vissuto
un magnifico periodo della mia vita.
Un’ultima
immagine che porterò per sempre nel mio cuore è quella che ho immaginato in una
giornata che ho trascorso da solo nel museo: ho visto accanto a tutte le
natività, dalla più piccola alla più grande, il volto sereno di Padre Carlo, di
Padre Nazareno, di Padre Simone, di Padre Francois, di Padre Alex, di Padre
Mario e di tutti gli altri padri che durante quest’anno mi sono stati vicino.
E
poi ho rivisto tutti voi, Laici Saveriani che mi avete donato un sorriso sempre
e soprattutto mi avete dato modo di conoscere un mondo meraviglioso che posso
definire “Un cuore ed una capanna”.
Il 20 gennaio scorso si è conclusa la mostra interculturale dei “presepi dal mondo” ospitata al Museo Diocesano di Salerno dal 26 novembre 2018.
1.442 visitatori provenienti da 15 paesi del mondo hanno potuto viaggiare per il globo attraverso i racconti delle guide e le forme ed i colori dei vari presepi.
Congo, Peru, Bangladesh, Polo nord e Slovenia sono alcuni dei 55 paesi che hanno rappresentato secondo i costumi propri, la scena della nascita di Gesù così come fu raccontata da s. Francesco, a Gubbio nel lontano 1223.
Le guide, sotto la direzione di Marta Chiaradonna, hanno descritto la storia del presepe e la sua valenza interreligiosa, specialmente citando la sura 19 (detta di Maria) in cui è raccontata la nascita del profeta Gesù per i musulmani.
Al centro dell’esposizione il bambinello con ai piedi un angelo mentre offre l’incenso, simbolo della preghiera dei popoli della terra.
Intorno a lui i pastori moderni: una serie di 5 foto raffiguranti i migranti che nella precarietà si mettono in cammino verso una meta sconosciuta ma carica di attesa.
Ha suscitato particolare interesse nei visitatori della mostra #tanticuori1capanna l’illustrazione del ruolo di Gesù e di Maria nell’Islam e alcune tradizioni connesse al presepe che uniscono Cristiani e Mussulmani
Gesù nell’Islam
“La figura di Gesù Cristo
nell’Islam è l’unico esempio di una religione mondiale, l’Islam, che contempla
teologicamente la figura centrale di un’altra, riconoscendo questa figura fondamentale
e costitutiva della propria identità.” Così scriveva Tarif Khalidi nel Un
musulman nommé Jésus. Una figura, quella di Isà ibn Maryam – Gesù figlio di
Maria – assolutamente fondamentale in ambito islamico. Certo, nella sua
prospettiva di un monoteismo monolitico e assoluto, l’Islam non può che
rifiutare l’assunto cristiano che vede in Gesù “il figlio di Dio” e la
manifestazione di Dio stesso: questo non toglie però che, anche in ambito
musulmano, la figura di Gesù goda di un ruolo per certi versi sorprendente. Fra
tutte le figure profetiche venerate dall’Islam, infatti, quella di Gesù può vantare delle
caratteristiche che la rendono davvero unica, dei veri e propri “privilegi” la
cui solidità teologica affonda le radici nello stesso Corano e negli hadith più
antichi e venerati. Tra queste caratteristiche uniche, le più importanti sono
sicuramente: la sua nascita verginale da Maria, affermata senza esitazione dal
Corano; l’essere definito, sempre dal Corano, «Sua – di Dio – parola, che Egli
pose in Maria, uno spirito proveniente da Lui»; la sua capacità di fare
miracoli, pur se «col permesso di Dio»; il privilegio, unico fra tutti i
discendenti di Adamo e condiviso solo con la madre Maria, di non essere stato
«toccato da Satana» al momento della nascita. Alla domanda di Gesù: «E voi chi
dite che io sia?» (Mc 8,29) l’Islam ha cercato di rispondere attraverso due
concetti: l’esteriorità (dhahir) e l’interiorità (batin) di Gesù. Sul piano
esteriore, Gesù si presenta come un profeta, così come gli altri; su quello
interiore egli appare come modello di uomo perfetto, di manifestazione dello
Spirito. Alla già citata espressione di Ibn al-Arabi “sigillo di santità”, il
maestro aggiunge: «Egli è lo Spirito, e il figlio dello Spirito e della Vergine
Maria (…) Egli discenderà fra noi come arbitro giusto». Un’altra prerogativa
di Gesù, secondo il Testo Sacro dei musulmani, è quella di essere stato
“assunto in cielo” per volontà di Dio con il suo stesso corpo; questo
privilegio, d’altronde, si collega direttamente all’idea, propria alla
tradizione islamica, che Gesù non sia mai veramente morto ma sia stato salvato
in estremis da Dio e condotto in cielo da dove, alla fine dei tempi, sarà
destinato a far ritorno: «non lo uccisero né lo crocefissero, ma così parve a
loro». Il Natale inteso come natività e incarnazione del figlio di Dio, resterà
un punto di distanza tra le due
religioni,
ma questo non toglie che all’interno del Corano si trovino molti elementi della
tradizione ebraico-cristiana che potrebbero dare molto più seguito ad un
dialogo piuttosto che ad una contrapposizione tra musulmani e cristiani.
Accettare questo e provare a costruire un ponte verso l’altro diverso da sé,
anche a livello religioso, può essere un rinnovato impegno e sfida che lo
stesso Natale lancia anche oggi, non per un mero gusto “ecumenico” un po’ fine
a se stesso, ma proprio ricalcando l’esempio del Cristo, venuto per tutti,
anche per quelli che non lo credono.
La
Vergine Maria nel Corano
In
occasione della visita papale in Egitto, Francesco e l’imam Al-Tayyib hanno
auspicato un incremento del dialogo cristiano-islamico. Nel “esaltare ciò che
unisce”, la figura di Maria rappresenta di sicuro un ponte saldo tra fedeli
cristiani e musulmani. La persona di Maria esercita un certo fascino su tutto
il mondo dell’Islam. Questo fascino è legato alla considerazione che i
musulmani nutrono per Lei per suo figlio, Issa, o Gesù, ritenuto dall’Islam il
maggiore tra i profeti, il più importante anello nella catena di trasmissione
della Rivelazione Divina, dopo Muhammad. I musulmani designano Maria con il
nome coranico Maryam e spesse volte la dicono anche Sayyida, nome che significa
Signora, Padrona e corrisponde all’incirca al titolo di Madonna con cui è
indicata in Occidente. Il benevolo atteggiamento dei musulmani riservato a
Maria, è il frutto della grandiosa idea, stima, venerazione e ammirazione del
Profeta Muhammad nei confronti di Maria e da lui trasmessa ai musulmani. Dio
riserva a Lei una posizione straordinaria dentro il Corano, che
nessun’altra
donna condivide, nemmeno la moglie o la figlia prediletta del Profeta
dell’Islam. A dimostrazione di tale potenza unificatrice tra Islam e
Cristianesimo, ci sono i fedeli musulmani che, da secoli, si mettono in cammino
verso santuari mariani cattolici, dall’Egitto al Libano, dalla Siria all’Iran,
sapendo che Maria è, nel Corano, “la purissima”, il cui nome è
pronunciato ben 34 volte e alla quale è dedicata un’intera Sura – capitolo –
una delle più belle e ricche di significato. Tale devozione crea sentimenti di
amicizia e non di antagonismo. Si dice spesso che le religioni, soprattutto i
monoteismi, siano fonti di guerre e divisioni: questa tesi è però falsa dal
punto di vista storico e dal punto di vista del contenuto. Certo, in nome della
religione si è spesso fatto la guerra, ma l’uomo lancia guerre in nome di
qualunque ideologia e non è la religione in sè a scatenarne. Se pensiamo ai
nazionalismi, alle divisioni e alle guerre mondiali avvenute in Europa,
dobbiamo dire che il nazionalismo, così tornato in auge in questo delicato
periodo storico, è stato causa di violenza molto più di ogni religione, e che
le ideologie atee, nel ventesimo secolo, hanno prodotto più morti delle
religioni. Anche le guerre di religione avvenute in Europa erano basate su
fenomeni politici che strumentalizzavano la religione: Cuius regio, eius
religio era la visione comune di allora, non la visione suggerita dal Vangelo.
Di fatto, con i musulmani, appena si parla di Maria, si cambia atteggiamento:
c’è un’atmosfera di pietà, di silenzio, di fraternità. Qualcuno potrebbe vedere
qui una specie di sincretismo ma, in realtà, la devozione è un fenomeno aperto
a tutti. Nei santuari mariani non ci vanno solo cristiani, ma anche altri credenti,
o gente allontanata dalla Chiesa, o addirittura non credenti e si celebra con
chiarezza una liturgia cristiana. E se io, mentre prego la Madonna, vedo un
musulmano che prega affianco a me, che problema c’è? Nessuno, è invece un
grande conforto, perché la devozione è una base molto più forte di amicizia che
i legami ideologici, politici o culturali. Chi pensa ancora all’Islam in modo
esclusivo, come talvolta fa un certo fondamentalismo, forse non ha capito
ancora pienamente l’Islam.
Il
presepe nell’Islam
Nel
periodo della Rivoluzione, in Francia furono proibite le funzioni religiose di
Natale e la galette des rois (torta dei re) fu rinominata Gâteau de l’Égalité
(torta dell’uguaglianza), rimuovendo ogni riferimento ai Re magi e alla
Natività. Secoli dopo, c’è chi pensa di vietare canti, tradizioni e simboli,
come il presepe, nel timore che manifestare la propria identità culturale e
religiosa possa offendere chi appartiene ad un’altra
confessione
di fede. “Rimuovere per integrare” è la teoria di chi pensa che, per convivere
con i musulmani, si debbano rimuovere simboli e tradizioni. Un modo di vedere
ristretto e rigido, che considera lo spazio culturale come uno spazio limitato
nel quale, a causa del “sovraffollamento” di culture, si debba togliere un po’
di spazio ad una per darlo ad un’altra. Bisognerebbe invece iniziare a capire
che le tradizioni uniscono i popoli e rafforzano le società; annacquarle non fa
che alimentare il falso mito dell’intolleranza islamica, con l’unico risultato
di esacerbare gli animi e minare lo sviluppo di una sana intercultura. A
prescindere dalle buone intenzioni, prima di parlare nel nome dell’Islam e di
vietare i presepi nelle scuole ad esempio, i presidi potrebbero chiedere ai
musulmani quali siano i loro sentimenti nei confronti del Natale: sono convinto
che rimarrebbero molto sorpresi. Chi – in buona fede – vieta i presepi
probabilmente non sa che in Egitto, Tunisia, Marocco e in numerosi Paesi
islamici si celebra la Natività, e in numerose piazze e spazi pubblici si
addobbano alberi in occasione del Natale. Il vero problema quindi non è che
cosa pensino i musulmani di Gesù Cristo, piuttosto la questione è se qualcuno
abbia mai chiesto ai musulmani quali siano i loro sentimenti verso il Natale,
prima di decidere di fare o eventualmente non fare qualcosa per non offenderli.
Oggi i musulmani sono strumentalizzati dai terroristi, dai politici e da
qualsiasi portatore di una posizione ideologica: tutti parlano per conto dei
musulmani, ma nessuno parla con loro. La chiave di tutto sta nella grande
differenza che passa fra religione e cultura. Se la religione è un credo che
possiamo accettare o rifiutare, la cultura e le sue tradizioni sono il frutto
del movimento delle società nella storia, una formula umana che non può essere
separata dal cuore e dalla lingua. Oggi un cristiano egiziano dice: “Io sono di
religione cristiana e di cultura musulmana”, un dualismo che probabilmente
riguarda tanti giovani musulmani, nati e cresciuti in Italia da genitori
stranieri, dei quali nessuno ha avuto ancora il coraggio di occuparsi se non
per dare loro un nome, quello di “seconde generazioni”. La loro appartenenza
culturale – che lo vogliano oppure no – è determinata dalla lingua, dai
vestiti, dal cibo, dalle arti, dalla tecnologia, dal linguaggio della vita
quotidiana e dalle tradizioni: un mare – nostrum – sul quale navigano con la
nave dei loro valori religiosi. Restare a terra, o farsi inghiottire dal mare,
sono due cose in contrasto con il ruolo e lo scopo di quella nave.
Corano,
Sura al-Tahrim, 66:12
E
Maria, figlia di Imran, che conservò la sua verginità; insuflammo in lei il
Nostro spirito. Attestò la veridicità delle parole del Suo Signore e dei Suoi
libri e fu una delle devote.
Corano,
Sura Maryam, 19:16-35
Ricorda
Maria nel Libro, quando si allontanò dalla sua famiglia, in un luogo ad
oriente. Tese una cortina tra sé e gli altri. Le inviammo il Nostro Spirito,
che assunse le sembianze di un uomo perfetto.
Disse
[Maria]: «Mi rifugio contro di te presso il Compassionevole, se sei [di Lui]
timorato!».
Rispose:
«Non sono altro che un messaggero del tuo Signore, per darti un figlio puro».
Disse:
«Come potrei avere un figlio, ché mai un uomo mi ha toccata e non sono certo
una libertina?».
Rispose:
«È così. Il tuo Signore ha detto: “Ciò è facile per Me… Faremo di lui un
segno per le genti e una misericordia da parte Nostra. È cosa stabilita”».
Lo
concepì e, in quello stato, si ritirò in un luogo lontano.
I
dolori del parto la condussero presso il tronco di una palma. Diceva: «Me
disgraziata! Fossi
morta
prima di ciò e fossi già del tutto dimenticata!».
Fu
chiamata da sotto: «Non ti affliggere, ché certo il tuo Signore ha posto un
ruscello ai tuoi piedi;
scuoti
il tronco della palma: lascerà cadere su di te datteri freschi e maturi.
Mangia,
bevi e rinfrancati. Se poi incontrerai qualcuno, di’: “Ho fatto un voto al
Compassionevole 5
e oggi non parlerò a nessuno”».
Tornò
dai suoi portando [il bambino]. Dissero: «O Maria, hai commesso un abominio!
O
sorella di Aronne, tuo padre non era un empio né tua madre una libertina».
Maria
indicò loro [il bambino]. Dissero: «Come potremmo parlare con un infante nella
culla?»,
[Ma
Gesù] disse: «In verità sono un servo di Allah. Mi ha dato la Scrittura e ha
fatto di me un profeta.
Mi ha
benedetto ovunque sia e mi ha imposto l’orazione e la decima finché avrò vita,
e la bontà verso colei che mi ha generato. Non mi ha fatto né violento né
miserabile.
Pace
su di me il giorno in cui sono nato, il giorno in cui morrò e il Giorno in cui
sarò resuscitato a
nuova
vita».
Questo
è Gesù, figlio di Maria, parola di verità della quale essi dubitano.
Non
si addice ad Allah prendersi un figlio. Gloria a Lui! Quando decide qualcosa
dice: «Sii!» ed essa è.
Corano,
Sura al-Baqara, 2:136
Noi
crediamo in Dio, in ciò che è stato rivelato a noi e in ciò che fu rivelato ad
Abramo, a Ismaele,
a
Isacco, a Giacobbe, e alle Dodici Tribù, e in ciò che fu dato a Mosè e a Gesù,
e ai profeti del Signore; non facciamo differenza alcuna fra loro e a Lui tutti
ci diamo!
Corano,
Sura al-Baqara, 2:253
Noi
abbiamo elevato alcuni profeti al di sopra degli altri. Ad alcuni Dio ha
parlato, e Dio ha elevato molti di loro a gradi superiori. Abbiamo dato a Gesù
figlio di Maria delle prove chiare.
L’abbiamo
confermato con lo Spirito di Santità.
Corano,
Sura al-Imran, 3:45-46
E
quando gli angeli dissero a Maria: “O Maria, Iddio ti annunzia la buona novella
di un Verbo che
viene
da Lui, e il cui nome è: il Messia, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo
mondo e nella vita
immediata
e ultima; egli è tra i vicini a Dio.
Ed
egli parlerà agli uomini dalla culla come un adulto e sarà nel numero dei
giusti.
Corano,
Sura al-Imran, 3:55
Dio
dice: “O Gesù, io ti chiamerò a me, e poi ti innalzerò fino a me e ti
purificherò dagli infedeli e
fino
al giorno della Risurrezione porrò coloro che ti hanno seguito al di sopra
degli infedeli. Poi a
Me
tutti tornerete e io giudicherò tra voi delle vostre, discordie.
(di Giovanni Riboni e docenti)
Il nostro grande grazie ai Padri Saveriani di Desio, da 18 anni presenti all’IIS ‘Ettore Majorana’ di Cesano Maderno: una grande risorsa per la Scuola e per il territorio
I Padri Saveriani di Desio collaborano con i Docenti di Religione Cattolica dell’IIS ‘Ettore Majorana’ di Cesano Maderno fin dall’anno 2000, all’interno del Progetto: ‘Il sentiero del pregiudizio’ che i Docenti hanno fatto partire nel corso dell’Anno Santo della Redenzione indetto da Papa San Giovanni Paolo II (1920-2005). Ogni anno, da 18 anni, alcuni Padri Saveriani tengono nelle Classi alcune lezioni agli alunni. I temi trattati nei loro incontri sono stati molteplici e ad ampio spettro: la vita nelle terre di missione, la solidarietà verso gli ultimi, il dialogo interreligioso (che molti Padri portano avanti nei Paesi che li ospitano), i giovani e la vita di fede, l’inclusione e l’integrazione di immigrati e rifugiati, l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone in difficoltà, ecc. Lo scorso anno scolastico il tema scelto ha avuto come titolo: ‘La custodia dell’ambiente e la tutela dell’acqua, bene prezioso e comune’, tema prescelto per riflettere sull’Enciclica di Papa Francesco: ‘Laudato sì’ sulla cura della casa comune (la nostra cara e amata Terra). Quest’anno il tema da svolgere avrà il titolo: ‘Dialogo interculturale: dall’Integrazione all’Interazione’ ed è stato preceduto da una Mostra Missionaria allestita nell’atrio dell’IIS Majorana dal 29 Novembre al 22 Dicembre 2018. La Mostra, intitolata: ‘Ti racconto una storia: c’era un volto’, è stata predisposta dal Centro di Documentazione sulla Mondialità (CDM) dell’Istituto Saveriano di Salerno e sta facendo il giro di Scuole, Parrocchie ed Oratori d’Italia. I ragazzi del Majorana che hanno visitato la Mostra hanno riflettuto in profondità sulle situazioni descritte nelle varie parti del mondo, mostrando sensibilità e solidarietà verso i volti e le storie presentate. La tesi di fondo è che lo sguardo diretto all’altro è l’atto costitutivo dell’incontro per oltrepassare barriere, preconcetti e schemi troppo semplicistici e riduttivi. Guardare il volto di chi ci sta di fronte vuol dire stabilire da subito una relazione che, come ricorda il filosofo Emmanuel Lévinas (1906-1995), è ‘immediatamente etica’; lo sguardo verso il volto dell’altro è la mia presa di responsabilità verso chi mi guarda, è il mio sentirmi interpellato eticamente dal suo volto.
L’altro che mi guarda non deve determinare in me paura e sospetto, ma al contrario rispetto, responsabilità e attenzione. Afferma il biblista e teologo Cardinal Gianfranco Ravasi: ‘L’odio e la paura dell’altro nascono dall’incapacità di guardarci in faccia: se facessimo più attenzione, scopriremmo di essere del tutto simili, segnati dalla stessa impronta umana, fratelli nel dolore e nella gioia. Riscopriamo la particolare capacità silenziosa del dialogo e dell’incontro cogli altri, così da far cadere prevenzioni e pregiudizi e accendere simpatia e comprensione!’. Così, faccia a faccia con chi ci sta di fronte, noi ci disponiamo ad un’autentica apertura verso l’altro e lo rispettiamo nel suo essere altro. L’ascolto della storia delle persone ci rende poi ‘compagni di strada’ e ‘concittadini del mondo’. Per vivere con chi ci sta di fronte abbiamo bisogno di ascoltare, conoscere, sapere, capire. Abbiamo bisogno che si crei il terreno fecondo per l’ascolto profondo del racconto dell’altro. Il volto che osserviamo e le parole che ascoltiamo narrano una storia che ci permette di passare dall’originaria relazione etica, fatta di responsabilità e rispetto, ad una relazione conoscitiva dell’altro fatta di attenzione ed empatia. L’infinita ricchezza dell’altro consentirà a noi di agire con lui e per entrambi nella concretezza di questo giorno, questo luogo e questa vicenda. Così diventeremo compagni di strada e, a poco a poco, attraverso il racconto, prenderà forma il mosaico della nostra reciproca identità (familiare, storica, culturale): un’identità non fissa e immutabile per sempre, non fatta di proclami o parole d’ordine, ma un’identità aperta agli sviluppi stessi della vita e della sua grande narrazione. Un’identità che, se ci radica nel luogo in cui ora viviamo e al quale si legano i nostri racconti, non ci costringe tuttavia nei limiti troppo spesso angusti di questo luogo, anzi ne dimostra la provvisorietà, un’identità che ci rende non soltanto concittadini rispetto a chi ci sta di fronte qui e ora, ma, dato il progressivo allargarsi dei limiti stessi della cittadinanza per effetto delle grandi trasformazioni globali, concittadini del mondo. In conclusione: il nostro incontro con l’altro è orientato tanto alla responsabilità etica originaria (lo sguardo verso il volto), che ci fa tutti fratelli di un’unica grande famiglia – e qui non si può non ricordare l’ideale di San Guido Maria Conforti (1865-1931): ‘Fare del mondo una sola famiglia!’ – , quanto alla conoscenza concreta e storica dell’altro in una determinata situazione, contesto, cultura e società (l’ascolto della storia). E’ in questo atto di umiltà che si apre infine la strada verso la conoscenza di DIO: infatti, come ricorda il filosofo svizzero Max Picard (1888-1965) ‘il volto dell’uomo è la prova dell’esistenza di DIO’. Non è prima di tutto per via logica o razionale, ma seguendo le tracce nascoste nel volto umano che cogliamo la luce del divino. ‘Il volto è sempre epifania dell’Infinito, esperienza d’un segreto che non si lascia ridurre alle nostre proporzioni’ (Padre Stefano De Fiores, 1933-2012).
I Docenti di Religione dell’IIS Ettore Majorana di Cesano Maderno: Demis Fuschini, Saverio Hernandez, Matteo Zampieri e Giovanni Riboni
La Mostra Interculturale Saveriana “Tanti cuori 1 capanna” non è un’esposizione di statuine, ma una occasione di riflessione, conoscenza e interscambio religioso e culturale che viene proposto alla città al fine di accrescere il sentimento di fraternità e abbattere le barriere di intolleranza che sempre più spesso si affacciano nella società civile. È inoltre una grande opportunità per conoscere la straordinaria ricchezza sociale e culturale nel mondo e condividere un messaggio di pace e unione fra i popoli. La Mostra vuole rappresentare anche visivamente la cultura dell’incontro, dell’accoglienza, della solidarietà e dell’attenzione agli esclusi.La sede espositiva è quella del Museo Diocesano di Salerno, dal 26 Novembre 2018 al 20 Gennaio 2019, dal lunedì al sabato (escluso il mercoledì) dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00
Giovedì 6 Dicembre, nel tardo pomeriggio, a sorpresa, ha varcato la soglia della sala che accoglie la Mostra Saveriana “Tanti cuori 1 capanna” anche il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Al vernissage di arte moderna al quale egli ha presenziato, l’abbiamo invitato, per un breve momento, ad ammirare la mostra interculturale di presepi dal mondo. Dopo una breve descrizione a due voci sui temi – il valore interreligioso del presepe riferendoci alla sura del Corano, detta di “Maryam” e sull’importanza della figura di San Gaetano da Thiene per l’aver reso pubblico e accessibile il presepio al popolo di Dio – il governatore De Luca si è soffermato a leggere la sura 19 trascritta sul pannello e ha espresso la sua sorpresa. Al congedo, ci ha ringraziato e si è felicitato per l’iniziativa, lasciando un suo post sul libro delle visite.
Domenica 2 Dicembre, a pochi minuti dall’apertura mattutina, hanno visitato la Mostra Saveriana “Tanti cuori 1 capanna” Don Nicola Di Bianco e Mons. Lucio Sembrano. Il primo, ben conosciuto a Salerno per essere, oltre che rettore della Chiesa di Sant’Andrea del Lavina, è anche docente presso il Seminario Provinciale “Giovanni XXIII”; il secondo visitatore della mostra, Don Lucio, è un’importante figura nell’ambito ecclesiastico per le numerose ed importanti cariche che ricopre, tra le quali quella di Officiale del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. È stata una grande occasione per noi accoglierlo – oltre che un’opportunità di mostrare il percorso interreligioso e quello interculturale proposti al visitatore. I due sacerdoti hanno davvero apprezzato il lavoro e la sintesi espositiva. Mons. Sembrano ha mostrato particolare interesse per la messa in evidenza dei legami tra le religioni abramitiche, per l’aver appreso della presenza del presidente della comunità musulmana all’inaugurazione presieduta dal nostro Arcivescovo metropolita, per la collaborazione di alcuni musulmani nella traduzione in lingua araba dei testi presenti in sala e per aver concesso le rare immagini di Maryam con Isà che sono, nella nostra religione cristiana cattolica Maria e Gesù. Alla fine della visita, i due illustri visitatori, oltre a complimentarsi per l’idea di tale esposizione sul tema del presepe e la sua innovativa modalità di presentazione, hanno espresso la loro disponibilità a nuovi momenti di incontro e collaborazioni future.